
La celebrazione del Natale verso cui ci dirigiamo, invoca sempre una costante revisione e riappropriazione, delle nostre conoscenze e competenze in materia liturgica.
La nascita nel tempo del Figlio di Dio, viene celebrata ogni anno -fino al compimento della storia- attraverso lo strumento potente dell’azione liturgica, ma in modo più preciso, sfruttando il “meccanismo”, mai troppo chiaro a molti, del memoriale.
Per memoriale si intende una realtà mutuata dalla cultura ebraica e risignificata da Cristo, per cui, in virtù della forza dello Spirito Santo, gli effetti salvifici dell’evento, della passione morte e risurrezione di Cristo, ci raggiungono nell’oggi, rendendoci contemporanei all’evento stesso. È dunque chiaro che sono gli effetti salvifici dell’evento che ci raggiungono, non l’evento nella sua storicità. Cristo nasce, patisce, muore, risorge, una sola volta. Nella celebrazione liturgica, in generale, e nella celebrazione annuale della Pasqua e del Natale, in particolare, beneficiamo degli effetti di quegli eventi accaduti una volta per sempre, vivendo il memoriale e facendo al contempo memoria storica, della Pasqua o del Natale.
La celebrazione storica del Natale del Signore, il “fatto” della sua incarnazione, trova spazio e concretizzazione plastica nel Messale, libro normativo per la liturgia.
Il medesimo libro liturgico, propone quattro schemi utili alla celebrazione del Natale.
La prima celebrazione natalizia, presentata dal messale è la Messa vespertina nella vigilia, che è possibile celebrare la sera del 24 dicembre, prima o dopo i primi vespri del Natale, in serata dunque. Questa messa ha pieno valore natalizio, uguale in dignità alle altre celebrazioni. La sua caratteristica è predisporre i fedeli alla celebrazione dell’evento, centrando l’attenzione sull’avvicinarsi storico e graduale di Dio all’umanità. Il Vangelo narra infatti la genealogia di Gesù, raccontando così quella che fu la sua genesi nella storia umana.
La seconda celebrazione natalizia è la Messa della notte che ha il compito di celebrare l’evento dell’incarnazione nelle sue fattezze storiche. Nel Vangelo, il racconto della nascita del bambino, permette all’evento disposto dalla celebrazione precedente, di compiersi, centrando lo sguardo dei fedeli sul “fatto” della nascita di Gesù nel tempo.
La terza celebrazione natalizia è la Messa dell’aurora; essa costituisce una naturale prosecuzione della celebrazione della notte, dando consecutività cronologica al racconto della nascita, attraverso l’annuncio ai pastori. Se nella notte si è celebrato il fatto della nascita, alle prime luci dell’alba è dato spazio alla prima conoscenza pubblica del medesimo evento: dalla solitudine della notte all’avvicinarsi dei pastori. Dalla stalla di Betlemme al mondo circostante: la diffusione di un fatto.
La quarta celebrazione natalizia, è la Messa del giorno, di incredibile densità teologica e dottrinale. L’attenzione sugli eventi di Betlemme, sino a questo momento raccontati in maniera cronologica, lascia spazio alla contemplazione del Verbo fatto carne. Non più pastori o angeli, ma il Verbo reso evidente agli occhi dell’uomo.
Quando dunque collocare liturgicamente la nascita di Gesù? Quando “succede”? In quale di queste celebrazioni? Una domanda questa di poco valore teologico, ma di notevole attenzione pastorale. La risposta è non succede, perché è già successo, così come per la sua passione morte e risurrezione.
Quando adagiare il bambino Gesù nel nostro presepe? Quando lo si fa, quando lo si compone, perchè Egli è nato, ha vissuto, ha patito, è morto, risorto e asceso al cielo, “già” e una volta per tutte, per tornare glorioso alla fine dei tempi.
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