Dai Sacramenti in giù….

Riflessioni su alcuni sacramenti dell’Iniziazione Cristiana e prassi rituali /1

Il tempo di Pasqua ormai volto al termine, ha inaugurato ufficialmente il periodo dell’anno in cui generalmente vengono celebrati alcuni dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. In maniera piuttosto diffusa, Prime Comunioni e Cresime. Momenti fondamentali nella vita di fede del credente, soprattutto perché cadono dal punto di vista temporale negli anni dello sviluppo evolutivo dei nostri ragazzi. Il primo accesso alla comunione eucaristica avviene fra i 9 e i 10 anni di età, momento vigiliare nel processo di sviluppo fisico ed emotivo, tempo denso di domande e di scoperta del sé. La prima partecipazione alla comunione eucaristica viene lungamente preparata dalla comunità cristiana nella realtà geograficamente configurata della parrocchia, che ha sue precise caratteristiche e modalità di preparazione.

La comunità è rappresentata, nella sua dimensione formativa da due figure che hanno un ruolo chiave nella preparazione dei ragazzi, Il parroco ed i catechisti. Sono queste le categorie di persone preposte in modo specifico alla cura pastorale di coloro che non ancora siedono a mensa in maniera ufficiale.

Il parroco ha l’imprescindibile e primo compito di educare i giovani alla vita liturgica, conducendoli per mano, alla comprensione di quanto si celebra, predisponendo gli iniziati ad entrare nella verità di ciò che si sta celebrando, non attraverso solo ed esclusivamente momenti formativi ma soprattutto vivendo con loro e per loro una vera e propria arte del celebrare; egli è il mistagogo, l’accompagnatore nei meandri del rito ben celebrato e vissuto.  

I catechisti a loro volta dovrebbero avere un ruolo di accompagnamento parallelo a quanto avviene nell’azione liturgica. Essi dovrebbero esplicitare in maniera diretta quanto accade nella celebrazione, aggiungendo quelli che sono i contenuti teorico-dogmatici (le verità di fede). Facendo tutto ciò con linguaggi propri a coloro che ascoltano.

La comunità è il terzo attore di questo processo iniziatico, deve seguire il cammino di questi nuovi eletti con affetto paterno e materno, donando incoraggiamento, presenza ed esempio.

E le famiglie? Che compito hanno? Sembrano essere le grandi assenti di questo processo di maturazione in seno alla comunità di fede. In realtà sono proprio esse il perno di questo cammino, la presenza costante nella vita dei ragazzi, i primi responsabili del funzionamento di tutto quanto ho sin ora elencato.

Una famiglia seriamente interessata alla fede del proprio figlio deve esserci, non si tratta semplicemente di assicurarsi che il proprio figlio/a partecipi agli incontri formativi o alla celebrazione domenicale, si tratta di esserci nello sviluppo del vissuto di fede, assicurando la propria disponibilitàa camminare con, vivendo momenti di confronto, in cui nell’ambiente casalingo si vivano tempi di dialogo e soprattutto azioni performative di vita cristiana. Più che parlare di Dio si tratta di vivere come suoi figli. Più che parlare di Cristo, si tratta di vivere da cristiani ed accendere la curiosità della Fede nei più piccoli.

Il grande rischio di questo tempo è quello di ritrovarsi famiglie che non hanno nessuno, se non un relativo interesse alla vita cristiana dei propri figli, vivendo prassi casalinghe quotidiane che non hanno nulla a che fare con il cristianesimo. Capita spesso poi, soprattutto nei momenti della celebrazione della prima comunione di avere a che fare con genitori troppo se non esclusivamente, preoccupati della preparazione della festa, non nel senso più cristiano del termine, intenti a mettere in piedi un enorme apparato scenografico dai costi esosi e dai gusti anche talvolta discutibili. Questo, senza esagerare, potrebbe essere ciò che in un solo colpo, distrugge anni di formazione duramente vissuti e offerti dagli operatori pastorali con immenso spirito di servizio.

Il motivo di tutto ciò soggiace nel mutamento del paradigma, cioè: se per anni abbiamo insegnato che l’essenziale è invisibile agli occhi, che siamo tutti figli di Dio aventi gli stessi diritti, se Cristo ci ama in maniera totale, se la vera festa è potersi nutrire del suo corpo, ecc… come spiegare poi che non è il caos o lo splendore dei festeggiamenti a rendere vero ciò che è stato celebrato? Ecco così servito: il traviamento del senso celebrativo. Il contenitore anteposto al contenuto, la cornice più ricca del quadro.

Sarebbero molte le alternative a questo triste scenario. Di tutto ciò ci occuperemo nei prossimi articoli.

Giuseppe Ciarciello

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