Il Dio Fragile

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” (At 1,6).

Quelli che erano con Lui, quelli cioè che avevano vissuto gli eventi della Passione Morte e Risurrezione. Testimoni diretti quindi, di tutto ciò che noi oggi crediamo per fede e che loro (privilegiati) hanno vissuto in presa diretta, con molta probabilità essendoci fisicamente.

Perché sottolineare il fatto della loro presenza a quegli eventi? Perché mentre Gesù gli parla dell’imminente irruzione dello Spirito Santo, l’unica preoccupazione di chi lo ascolta è: “è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”, sottotitolo: è questo il tempo in cui finalmente ascenderai al tuo trono umano, insedierai il tuo governo e ci libererai dall’assedio e dall’egida politica ed economica dell’imperatore romano? Irriverente ma vero. L’unico pensiero dei testimoni della risurrezione è quello di vivere un vero e proprio colpo di stato con tanto di taglio al cuneo fiscale.

Irriverente ma vero, non strano ma vero. Non strano perché è tipico dell’uomo puntare alla propria autoconservazione e cercare di difendere i propri interessi soprattutto economici. L’essere “Suoi discepoli” non fa di quegli uomini, come di noi, persone diverse dalle altre in termini di umanità. Essere uomini significa fare esperienza costante del limite e della propria fragilità. Ciò che rende l’uomo più umano credo sia proprio questo: esperire, conoscere ciò che ci abita toccando con delicatezza la fragilità degli equilibri e le movenze misteriose di tutto quanto è in noi. Prendere contatto con tutto questo per non essere analfabeti di noi stessi, mancando di relazione con ciò che ci abita.

Umanità, questa grande sconosciuta del mondo contemporaneo. La carenza di umanità, ho ragione di credere, sia proprio dettata da questa mancanza di contatto con le profondità del sé, l’incapacità o la paura di fare un bagno salutare nelle acque limpide e torbide dell’io per essere umani, essere uomini, dotati e capaci di sovrumane altezze e di incredibili crolli fangosi, (Posto che il fango sia un ottimo concime per la terra).

Nella solennità dell’Ascensione celebriamo proprio l’esaltazione dell’umanità, di ciò che siamo. Se l’evento dell’Incarnazione ha permesso alla seconda persona della Santissima Trinità di prendere la carne umana, nell’Ascensione quella stessa carne è elevata sino al Padre nel seno di Dio.

Dal momento dell’Ascensione, Gesù porta la nostra umanità presso il Padre suo, il suo corpo, che non è diverso o simile al nostro, è il nostro stesso corpo; questo agglomerato di cellule abitato da Dio stesso, raggiunge le profondità del Dio che prima di quel momento è solo Spirito. L’Ascensione permette a Dio Padre di avere un corpo, Il corpo risorto del Figlio. Per questo la nostra umanità e la nostra fragilità sono comprese da Dio.

Comprese, da cum-prendere, prendere con sé. Mi sono sempre chiesto cosa significasse comprendere. Oggi giungo, ad una prima conclusione: comprendere non è un atto dell’intelletto, ma è prendere con sé, portare dentro. Un atto, e quindi un fatto assolutamente pratico.

Il Dio Padre di Gesù Cristo, comprende la nostra umanità, perché fa esperienza viva della corporeità dell’uomo. Il corpo fragile dell’uomo, attraverso il Figlio raggiunge il Padre che vive così la sua Divinità in maniera del tutto umana, comprendendo l’uomo nella sua totalità.

A motivo di questo possiamo dire che Dio stesso è fragile, come lo è la nostra umanità da lui stesso vissuta. Avere un Dio fragile non significa sconfessare la sua onnipotenza ma esaltarla, Dio infatti è onnipotente nell’amore. Unica fonte del vero potere, ciò che di più potente e duraturo abbia l’uomo è la possibilità di amare, è questo a renderlo potente. Dio è potente perché fragile; fragile perché infinitamente uomo senza mai smettere di essere Dio.

Sia quindi Lode al Dio Fragile.

Giuseppe Ciarciello

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